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La parola alle aziende Nuovi Mecenati
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1912
2016
Nuovi Mecenati
Dai piccoli progetti da sostenere con investimenti contenuti ad importanti operazioni filantropiche. Sono molte le opportunità per le aziende virtuose._1 I grandi capolavori dell'arte, ma anche la cultura e la solidarietà hanno bisogno dell'intervento dei privati e delle aziende, a sostegno della loro valorizzazione e del benessere collettivo._2

Sponsorizzazioni, donazioni, partnership e Art Bonus: ci sono molti modi e molte ragioni per le quali privati, ma soprattutto aziende possono (e dovrebbero) investire nella cultura, nell'arte e nella solidarietà.
Mentre la crisi e i suoi effetti continuano a pesare sul business e sulle tasche degli italiani, mentre i tassi di disoccupazione rimangono preoccupanti e l’attesa ripresa tarda a palesarsi nella realtà dei fatti, mentre il welfare pubblico si contrae sempre di più, inaspettatamente (o forse no) i cuori e le coscienze delle persone si rivelano tutt’altro che inariditi: oltre 32 milioni di nostri connazionali (dati Censis 2016) ha fatto almeno una donazione nell’ultimo anno e questi numeri continuano a rafforzare la rete di aiuto informale sostenuta dalla responsabilità individuale diffusa. Questo boom delle donazioni, che dimostra come, dopo tutto, la propensione all’altruismo e alla solidarietà sia ancora un connotato costitutivo degli italiani, non riguarda solo privati cittadini e patrimoni individuali. Anche le aziende sono sempre più coinvolte in questo circolo virtuoso di restituzione al territorio e condivisione, impegnate, almeno un’azienda ogni tre a livello mondiale (contro una ogni 10 nel 2010), in investimenti su azioni di impatto sociale (definizione in cui rientrano anche cultura e arte). Le motivazioni sono in primo luogo etiche, ma, quando si tratta di aziende, la filantropia e il mecenatismo diventano anche strumenti strategici per rafforzare il brand e per acquisire una fonte di crescita, creando valore sociale ed economico.

Uno scenario in evoluzione

Non è facile valutare da un punto di vista etico il fenomeno. E forse è meglio non farlo. Luci e ombre si intersecano in questo scenario nel quale crescono la generosità e l’impegno filantropico, ma a fronte di una polarizzazione sempre più spinta nel divario tra ricchi e poveri. Un’evoluzione che porterà entro la fine del 2016 l’1% della popolazione mondiale ad avere più ricchezze del restante 99% (per l’Italia si parla del 20% della popolazione che detiene il 61,6% della ricchezza). Dubbi etici a parte, dunque, la novità è che anche in Europa e in Italia si sta diffondendo in maniera sempre più rilevante la cultura della donazione. Quella che in altri Paesi, per ragioni diverse, è già da tempo la norma (si pensi al diffuso concetto anglosassone “give back to the community”, ma anche alla storica generosità di privati e aziende in Paesi come l’Olanda e la Svizzera), sta diventando anche da noi una soluzione fattiva a una necessità collettiva: chi può sostiene nuove forme di intervento sociale globali e collaborative. E lo fa sempre di più e sempre più spesso.

Una ricerca presentata lo scorso giugno al Festival del Fundraising 2016 su un campione rappresentativo di 66 grandi donatori italiani (scelti dunque non in base al proprio reddito, ma alla generosità), ha messo in luce che nel 2015 il 50% dei "benefattori" ha donato di più rispetto all’anno precedente, il 40% ha devoluto lo stesso importo e solo il 10% ha donato meno. Il 69% del campione ha donato più di 5.000 euro, il 15% del campione oltre 10.000 euro. In vetta alla classifica delle motivazioni che spingono gli italiani più generosi a donare c’è il fatto di sentirsi privilegiato (58%), seguito dal sentirsi utile e dalla volontà di cambiare le cose, di fare la differenza. Il sondaggio ha messo in luce, inoltre, una differenza culturale sostanziale con i paesi anglosassoni riguardante il riconoscimento pubblico: nel nostro paese, contrariamente agli Usa, non si desidera pubblicizzare il proprio impegno a sostenere in maniera importante una realtà e dunque i donatori giudicano una associazione anche in virtù del rispetto all'anonimato dei propri sostenitori.

In linea con gli altri Paesi e le altre culture è, invece, l’attenzione rivolta alla rendicontazione esaustiva: «La trasparenza dell'organizzazione e l'esaustiva documentazione dei risultati conta quanto il valore della buona causa e oltre il doppio rispetto alla scarsa incidenza dei costi», spiega Chiara Blasi, consulente strategica per la raccolta fondi da grandi donatori. “Dopo aver effettuato la donazione, dunque, il donatore ritiene importante che l'organizzazione lo informi in maniera puntuale e dettagliata in merito all'impatto della sua donazione e che i fondi vengano destinati esattamente all'intervento o al progetto concordato».

Privati e aziende

In Italia la crescita dei donatori – il 64% dei cittadini, secondo la recente indagine del Censis – rappresenta in buona parte una risposta al progressivo restringimento del sistema di welfare pubblico (il Fondo nazionale per le politiche sociali, ad esempio, è passato da 1,5 miliardi di euro nel 2007 a 312 milioni nel 2016). Non si tratta più di sporadici slanci di generosità, ma dei segnali tangibili di un cambiamento significativo di una società agitata da forti fratture sociali, nella quale emerge in modo pragmatico la voglia di tenuta delle comunità. I modi della partecipazione sono molti: lasciti testamentari, adozioni a distanza, bomboniere solidali, donazioni tramite sms, 5 x mille, ma anche metodi più innovativi come le iniziative di crowdfunding.

Nel caso delle aziende, la filantropia passa dalle sponsorizzazioni, dalle donazioni e dalle partnership a iniziative sociali, ambientali e culturali, ma anche dalle novità dell’Art Bonus, con le sue interessanti agevolazioni fiscali. La centralità delle motivazioni etiche in questo caso, pur persistendo, lascia spazio alla valutazione delle donazioni quali occasioni di sviluppo e di creazione di valore per l’impresa stessa e per la comunità. Ossia alla cosiddetta Filantropia Strategica: le donazioni sono intese come investimenti che devono generare ritorni sociali e, nel tempo, ritorni finanziari, in un’ottica di impact investing.

Questo profondo cambiamento risponde alle mutate aspettative dei consumatori e dei cittadini. Se fino a pochi anni fa l’impegno sociale delle aziende si limitava al sostegno fornito a qualche progetto no-profit, e tanto bastava per essere apprezzate per il proprio impegno, oggi le aspettative della società nei confronti delle imprese sono decisamente cresciute. La comunità ora chiede alle imprese di assumere un ruolo forte, di leadership e di stimolo, nelle sfide che riguardano gli ambiti di intervento sociale, a tutti i livelli. In altre parole, vista la progressiva sfiducia nelle istituzioni, ci si aspetta sempre più spesso che siano le grandi aziende a sostenere le buone cause e a intervenire per appoggiare attività e progetti ad alto impatto sociale e culturale. E chi è alla guida delle imprese, anche in Italia, ha sempre più coscienza del fatto che il concetto della social citizenship debba essere al centro della strategia d’impresa, e non relegato in qualche funzione accessoria dell’organigramma aziendale.

Philantropy Advisor

Per orientare le imprese nelle scelte orientate alla Filantropia Strategica, è nata la figura del Philantropy Advisor, un consulente in grado di:

  • Definire delle strategie di corporate philanthropy coerentemente con i principi di vision e mission aziendale
  • Organizzare progetti di intervento e scouting per l’identificazione dei migliori partner non profit sul territorio
  • Strutturare e implementare di tool di misurazione dell'impatto sociale e accompagnamento nella fase di rendicontazione agli stakeholder
  • Sviluppare programmi di engagement rivolti ai dipendenti su iniziative filantropiche, a livello nazionale e internazionale
  • Definire strategia e network per donazioni di servizi e prodotti
  • Attivare Corporate Advised Fund e funzioni di intermediazione filantropica
  • Supportare l’impresa nella comunicazione nei confronti dei dipendenti e della comunità
  • Sviluppare programmi di matching gift a livello nazionale e internazionale per attivazioni tempestive in caso di calamità naturali

Fonte: Fondazione Lang Italia www.fondazionelangitalia.it

Nuove App: “Impattometro” per filantropi

Il milionario franco-americano Alexandre Mars, con la fondazione Epic da lui creata due anni fa, ha lanciato la prima App che permette a chi fa una donazione di monitorare nel dettaglio e in tempo reale l’effetto prodotto sui beneficiari. Si chiama Impact App e, sebbene per ora sia ad uso esclusivo dei “grandi donatori” (con contributi dai 35mila ai 200mila dollari), presto sarà disponibile per tutti i comuni donatori a distanza. Per le onlus, accedere ad Impact App sarà un po’ come entrare in borsa: rigidi standard, trasparenza e rating continui.

Nuove App: “Impattometro” per filantropi

Benefici fiscali e Art Bonus

Agevolazioni fiscali sono previste per le donazioni a favore delle Onlus. Nel caso il donatore sia una impresa si possono scegliere in alternativa:

  • deducibilità per le donazioni in denaro o in natura nel limite massimo del 10% del reddito complessivo dichiarato, nella misura massima di 70.000 euro per anno;
  • deducibilità delle liberalità per un importo non superiore a 30.000 euro:
  • le imprese possono, inoltre, donare alle Onlus beni destinati alla vendita e in questo caso l’agevolazione consiste nella possibilità di non assoggettare IRES, IRPEF e IVA delle relative cessioni. Tale agevolazione ha validità nel caso in cui il bene donato abbia un costo unitario inferiore ai 50 euro.


Discorso a parte per il cosiddetto Art Bonus, lo strumento con il quale il legislatore ha inteso favorire la partecipazione dei contribuenti – persone fisiche o giuridiche – nell’ambito della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e artistico. In questo caso le erogazioni liberali devono necessariamente effettuarsi in denaro, e devono essere destinate a:

  • interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici;
  • sostegno degli istituiti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (quali ad esempio musei, biblioteche, archivi, parchi archeologici et similia);
  • realizzazione, restauro e potenziamento di strutture delle Fondazioni lirico-sinfoniche, dei teatri di tradizione e, più in generale, degli enti e delle istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo;
  • sostegno dei soggetti concessionari o affidatari dei beni culturali pubblici oggetto di interventi di manutenzione, protezione o restauro;

L’agevolazione fiscale in questo caso viene accordata come credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate dal contribuente (per titolari di reddito d’impresa entro il limite del 5×1000 dei ricavi annui) che viene ripartito in tre quote annuali di pari importo, utilizzabile anche in compensazione di altre imposte e contributi.

Piccoli e grandi progetti culturali da sostenere

Il sito di UPA per la Cultura (www.upaperlacultura.org) mette a disposizione di associati e non un elenco aggiornato e ben presentato di progetti culturali in cerca di sponsor. Si sceglie in base all’affinità dei valori e alla territorialità, ma anche in base alla visibilità offerta, alle sinergie applicabili e all’impegno economico richiesto allo sponsor.

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