Itinerari d’arte e cultura: alla scoperta dei Sacri Monti
Suggestivo viaggio nelle Prealpi che rievoca i luoghi della vita di Gesù. Tra scenari mozzafiato, chiese, ville e opere d’arte
Lungo la strada che dal lago d’Orta conduce al Mottarone, all’ingresso del paese di Armeno, s’incontra la chiesa di Santa Maria Assunta, gioiello dell’XI secolo. Nel ’600 le pareti interne dell’allora tempio furono ricoperte con la calce, come forma di protezione dalla peste. Quando in tempi recenti lo strato venne rimosso, tornarono alla luce affreschi cinquecenteschi, tra cui un’inquietante trinità rappresentata da un corpo a tre teste. Da secoli la Chiesa considera eretico questo tipo di rappresentazione, probabilmente perché il corpo tricefalo richiama una divinità celtica il cui culto risale all’età del ferro. Nelle zone alpine e prealpine ci volle molto tempo perché il Cristianesimo si sostituisse ai culti antichi o in qualche modo vi si innestasse. Mentre le altre religioni monoteiste vietavano di rappresentare il sacro in forme umane, il Cristianesimo cattolico ha sempre voluto utilizzare le immagini per coinvolgere i fedeli, per raccontare le verità del dogma e per suscitare emozioni. Più i territori erano impervi, isolati e le loro genti ostinatamente aggrappate ai culti ancestrali, più il Cristianesimo rispondeva con un rigurgitare d’immagini. I Sacri Monti prealpini rappresentano l’apice di questo intento.
Varallo Sesia: coinvolgimento tra Rinascimento e Barocco
Per comprendere cosa sia un Sacro Monte e le ragioni che ne hanno determinata l’invenzione, iniziamo il nostro itinerario dall’antica cittadina di Varallo Sesia, sovrastata dalla sua Gerusalemme alpina, altrimenti definita dallo scrittore Giovanni Testori, il Gran Teatro Montano.
Che l’idea del Sacro Monte sia venuta a un frate francescano, Bernardino Caimi (1425-1500), è significativo. Il compito dei francescani era quello di predicare agli umili e, per farlo, utilizzavano il racconto e la semplice parabola. Caimi si ispirò alla sua esperienza al Santo Sepolcro di Gerusalemme, dove era stato per lunghi anni tra i custodi. La sua idea fu proprio quella di “trasportare” in patria i luoghi della vita di Gesù: il luogo sprescelto dal frate fu appunto Varallo, un luogo magico, non lontano dalla barriera di roccia e ghiaccio del Monte Rosa, popolato da genti chiuse e ostinatamente legate ad antiche superstizioni.
Sopra il centro del villaggio si ergeva un poggio ricoperto da un bosco secolare, in un tempo lontano zona d’operazione dei druidi, il luogo ideale per realizzare un percorso ascensionale. Alla base del poggio si trova la chiesa quattrocentesca di Santa Maria delle Grazie, attigua al monastero francescano. La grande parete che divide l’aula dei fedeli da quella dei monaci, è ricoperta dai celebri affreschi di Gaudenzio Ferrari, pittore e scultore locale chiamato per realizzare il progetto, con una ventina di riquadri che raccontano la vita e la Passione di Gesù. Un vero e proprio storyboard che precede quanto verrà poi sviluppato a Sacro Monte. È il primo approccio con l’inimitabile stile di questo artista, scelto da Caimi per la sua capacità di ritrarre la vita in modo vibrante, popolando le sue rappresentazioni di astanti dediti alle più diverse occupazioni, mentre al centro della scena si sta svolgendo il dramma.
Salite al Monte tramite la via acciottolata, mentre per la discesa godetevi il panorama dalla suggestiva funivia. Le prime “stazioni” che s’incontrano sono quelle di Nazareth e Betlemme. Le umili costruzioni che racchiudono le prime cappelle, nel più puro stile alpino, sono esse stesse opera di Gaudenzio Ferrari. La messa in scena delle cappelle è ancora molto semplice e le statue sono la versione tridimensionale di figure dipinte. Negli ambienti in cui si trovano scene come l’Annunciazione o l’Adorazione dei pastori, il pellegrino poteva liberamente circolare tra le statue, assistendo alla scena sacra nel vero senso della parola.
Ma il manifesto dell’arte di Gaudenzio e della stessa idea di Sacro Monte, si trova all’apice del complesso, sulla piazza della chiesa, dove un edificio monumentale racchiude infatti la Crocifissione, versione tridimensionale di quelle affrescate dall’artista a Vercelli e Milano. La scena è popolata da una folla di statue in terracotta che ritraggono i personaggi del dramma con impressionante realismo. Altri personaggi sono affrescati e vanno dagli angeli in volo a semplici comparse non troppo coinvolte da quanto sta accadendo al centro della scena. La grande sala che accoglie l’opera è un emiciclo e da ciò emerge chiara la volontà di avvolgere chi ne fruisce, trasformandolo da spettatore a testimone oculare.
Questa volontà si evidenzia ancora più chiaramente nelle cappelle realizzate nel ’600 e in particolare nella Piazza dei Tribunali, su cui sorge il palazzo di Pilato. Esse videro impegnati artisti come il Morazzone, Tanzio da Varallo e lo scultore e architetto Giovanni d’Enrico. Qui il dialogo tra affreschi e statue, tra bidimensionale e tridimensionale, si fa vertiginoso. Intere folle scrosciano da paesaggi impervi e immaginifici per farsi tridimensionali quando giungono in primo piano. Tutti i personaggi sono il ritratto fedele di persone che si potevano incontrare ogni giorno al villaggio, di una ruvida bellezza o con impressionanti difetti fisici. Le emozioni che percorrono i gruppi sono palpabili, vibranti; i paesaggi affrescati hanno la funzione trompe-l’oeil che amplifica a dismisura gli spazi in realtà molto angusti delle cappelle.
Quello di Varallo va considerato il capostipite dei Sacri Monti prealpini, inseriti dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale. Partendo da Varallo, in meno di mezz’ora d’auto, si raggiunge un altro sito di grande suggestione.
Orta San Giulio: racconti per gli umili
Da Varallo si arriva al lago d’Orta attraverso la strada della Colma, oppure scendendo lungo la Valsesia verso il paese di Valduggia e imboccando l’antica strada della Cremosina. Seguendo poi la litorale del lago si arriva all’incrocio che conduce allo splendido villaggio di Orta San Giulio. L’occhio non può non cadere su una grande e bizzarra villa moresca, fatta costruire nel 1879 da un ricco industriale tessile, sotto l’effetto dirompente di un viaggio in Medio Oriente. Si tratta di Villa Crespi, il piccolo e fascinoso resort che racchiude il ristorante di Antonino Cannavacciuolo, forse il più conosciuto tra gli stellati d’Italia. Poco oltre la villa parte la strada in salita che conduce al Sacro Monte di Orta. Di nuovo un poggio boscoso, ritenuto sacro da tempi immemorabili, dalla vista è incomparabile: il lago, la piccola isola di San Giulio con le ville arroccate e il grande monastero di clausura e le Prealpi ricoperte di boschi che separano il lago dalla Valsesia.
Quello di Orta è l’unico Sacro Monte a non mettere in scena la vita e la Passione di Gesù, racconta invece le vicende terrene di Francesco d’Assisi. Realizzato nel corso del ’600, non ha la pretesa di fingersi un immaginifico altrove, come quel lo di Varallo. Le cappelle, di grande eleganza architettonica, in uno stile già in bilico tra tardo rinascimento e barocco, sono disseminate nel bosco e possono essere viste tutte grazie a una piacevole e suggestiva passeggiata, tra alberi secolari e scorci panoramici mozzafiato.
Siamo anche qui in presenza di un’arte che è in realtà teatro, racconto per immagini a beneficio degli umili. Un’arte che utilizza materiali poveri come la terracotta e il legno e che non esita ad applicare barbe e capelli veri per raggiungere il suo scopo, insieme didattico ed emozionale.
Una volta arrivati da queste parti sarebbe un peccato non approfittare di una zona che ormai sta uscendo dalla nicchia degli itinerari “minori”. Il villaggio di Orta San Giulio è un gioiello, l’isola omonima è un pezzo di storia che si specchia nel lago.
Goloso itinerario enogastronomico
ORTA SAN GIULIO E SORISO
Il vostro può trasformarsi in un goloso itinerario enogastronomico. Abbiamo già citato Villa Crespi, ma altri due stellati sono a portata di mano: la Locanda di Orta, proprio al centro del villaggio e il Ristorante del Sorriso, nel vicino paese di Soriso.
Sempre nel villaggio di Orta si trova l’Hotel San Rocco, albergo e ristorante di grande tradizione, collocato in un antico monastero. L’aperitivo serale sul pontile del San Rocco, proprio di fronte all’isola di San Giulio, è impagabile.
MIASINO
Sulla collina, a cinque minuti da Orta, si trova invece il piccolo villaggio di Miasino. Si tratta di uno di quei luoghi dalle arie salubri dove si rifugiavano i nobili milanesi in fuga dalle pestilenze. Per questo motivo presenta una notevole serie di ville antiche. Tra esse spicca la splendida, cinquecentesca Villa Nigra, all’interno della quale si trova la Locanda dell’Antico Agnello: uno dei ristoranti ideali per gustare la cucina locale, innaffiandola magari con i pregiati vini dell’Alto Piemonte.
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