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Alto Piemonte
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2510
2018

L’Alto Piemonte

Un territorio vinicolo da scoprire e riscoprire, dove si producono etichette dal grande potenziale qualitativo e organolettico
 

Il Sacro Monte di Varallo_1 L’isola di Orta San Giulio_2 Uno scorcio del ricetto di Ghemme_3 Il Castello di Masino_4 Nell’Alto Piemonte si producono grandi rossi da invecchiamento. Come il Fara DOC, il Sizzano DOC, il Ghemme DOCG e il Boca DOC_5

180 milioni di anni fa, un supervulcano esplode con una potenza tale da modificare per molti anni il clima del pianeta. La sua enorme caldera coincide oggi con le valli dei fiumi Sesia e Sessera, tra le province di Novara, Vercelli e Biella, in alto Piemonte. 50 milioni di anni fa la Placca Africana si scontra con quella europea dando origine alle Alpi; avviene anche qualcos’altro: per effetto dello scontro, tutta la struttura sommersa dell’antico supervulcano viene proiettata in superficie, assumendo un andamento orizzontale.

10 anni fa, Il geologo triestino Luciano Sinigoi si trova con il collega americano James Quick in Alta Valsesia, presso il paese di Balmuccia, dove ancora si possono rintracciare i segni dello scontro tra le placche. I due guardano la parete a strapiombo striata di nero di una modesta montagna, e Sinigoi pronuncia una frase: “Quello ha tutto l’aspetto del mantello terrestre. Ma dovrebbe trovarsi 22 km sottoterra, non qui”. È la scoperta del supervulcano fossile della Valsesia. 2 milioni di anni fa, Il deposito lasciato dai ghiacci e il dilavamento alluvionale del Monte Rosa, formano le dolci colline moreniche che oggi fiancheggiano il corso del fiume Sesia, tra le Prealpi e la bassa.

Una terra di grandi vini

Era importante raccontare in breve queste vicende per descrivere al meglio un territorio vinicolo compreso sotto il nome di Alto Piemonte. Quando si parla di Nebbiolo, forse il più celebre vitigno autoctono italiano, la mente corre ai rossi del basso Piemonte che si sono conquistati una meritata celebrità a livello mondiale, come Barolo e Barbaresco. Pochi sanno che l’Alto Piemonte presentava a inizi ’900 una superficie vitata non meno estesa e non meno importante delle Langhe. Anche qui si coltivava il Nebbiolo – conosciuto con il nome di Spanna – e il Gattinara, in particolare, era considerato il vino dei re. Le malattie della vite prima e l’industrializzazione in seguito spopolarono però le campagne, facendo precipitare la produzione, sia sul piano quantitativo che qualitativo; da alcuni anni un pugno di produttori – di dimensioni che vanno dal piccolo al microscopico – ha fatto sì che questi grandi vini siano tornati a esprimere tutto il loro potenziale qualitativo e organolettico, al punto da portarli a competere direttamente con i più titolati nebbioli basso-piemontesi. Con una caratteristica specifica: un impareggiabile legame con il territorio, che si ritrova puntualmente negli aromi e nei sapori.

Siamo all’esatto opposto del cosiddetto vino globale. Ma vediamo come si articola oggi la distribuzione di questi vini. Di recente sono state introdotte due DOC-ombrello: Colline Novaresi (riva sinistra della Sesia, nella provincia di Novara) e Coste della Sesia (riva destra della Sesia, nelle province di Biella e Vercelli). Appartenenti all’uno e all’altro settore, vi sono i DOC e DOCG legati, nel nome, ai singoli comuni; sono questi i grandi rossi da invecchiamento. Nell’ambito delle Colline Novaresi troviamo il Fara DOC, il Sizzano DOC, il Ghemme DOCG e il Boca DOC. Nel settore Coste della Sesia abbiamo invece il Gattinara DOCG, il Bramaterra DOC e infine il Lessona DOC.

La prima domanda che di solito il viaggiatore si pone quando si inoltra nel terroir è “ma le vigne dove sono?”. A differenza delle Langhe o del Monferrato, dove le colline sono letteralmente ricoperte di filari, qui il bosco è tornato in gran parte a riprendersi il territorio; in altre parole, qui per trovare le vigne bisogna sapere dove andare. Il modo migliore è telefonare ai produttori e farsi accompagnare: le vigne che si dispongono lungo le colline moreniche – ossia sulla dorsale posta tra il corso della bassa Valsesia e la strada del Lago d’Orta – danno origine a vini già noti in epoca romana. Fara, Sizzano e Ghemme sono vini austeri, da grande invecchiamento, ma in qualche modo sottili, profumati e di grande bevibilità. Nel colore domina il rosso rubino.

Tra i produttori la parte del leone la fanno oggi le Antiche Cantine Cantalupo, il cui fiore all’occhiello è il premiatissimo Ghemme DOCG; Fara e Sizzano sono invece vini più rari, ma non meno interessanti, oggi prodotti da piccoli viticultori. Segnaliamo che il Fara viene prodotto anche da cantine presenti nei comuni di Briona e Barengo.

Il terreno cambia notevolmente lungo una fascia trasversale che si inoltra sia alla destra che alla sinistra del fiume Sesia, verso il biellese da una parte e il lago d’Orta dall’altra. Qui il supervulcano, ancorché fossile, ha lasciato il segno, costituito da porfidi che vanno dal giallo, al rosa, al rosso; si tratta di roccia friabile, priva di humus, acida, salina e ricca di minerali. I vini che provengono dalle viti che affondano le radici in questo terreno unico donano aromi e sapori inconfondibili ed estremamente intriganti, oltre a una disposizione ancora più accentuata all’invecchiamento. Il rubino vira sovente al granato e, dopo lunghi anni, può donare riflessi aranciati.

Sulla riva destra del Sesia il re è ancora oggi il Gattinara, i cui principali produttori sono Travaglini e Nervi. Il re però è tallonato da altri rossi di altissimo livello, come Bramaterra e Lessona. Per la loro diffusione molto si deve alle Cantine Sella, appartamenti all’antica famiglia biellese legata all’industria tessile e al settore bancario. Anche in questo caso, però, la caccia ai piccoli e piccolissimi produttori può dare notevoli soddisfazioni. Tra essi citiamo Odilio Antoniotti.

Oltre a queste grandi DOC, che come minimo trascorrono due anni in botte, vengono anche prodotti vini più beverelli che vanno sotto la denominazione delle DOC-ombrello. Si tratta di nebbioli in purezza non invecchiati, vespoline e croatine autoctone e, ancora, bianchi strutturati, che nascono da uve analoghe a quelle con le quali si produce l’ormai celebre Erbaluce di Caluso. Se durante le vostre cacce ai produttori vitivinicoli foste interessati anche ad altro, segnaliamo i tanti castelli presenti nella zona, come a Rovasenda, Briona, Proh e Barengo. La stessa Cascina Montalbano, nel comune di Boca, sorge sui resti di un castello quattrocentesco e mostra affreschi coevi di cui ancora non si è chiarita l’origine e il significato.

Curiosando tra i recetti

Luoghi poco conosciuti e di grande interesse sono i recetti, sorta di “medine” medioevali – o di incrocio tra il castello e il villaggio fortificato – nei quali si richiudevano i contadini in caso d’invasione, immagazzinandovi i prodotti della terra; i piccoli edifici, addossati gli uni agli altri, sono invariabilmente costruiti con i sassi del fiume Sesia.

I recetti più belli e integri sono quelli di Ghemme, Candelo e Carpignano Sesia; in quest’ultimo è stato allestito un piccolo museo dove è possibile ammirare il più grande torchio per uve del Piemonte, risalente al XVI secolo. La pressa viene spinta verso il basso da un gigantesco trave ricavato da un singolo albero di cui ancora si intuiscono le radici. Quanto all’offerta gastronomica, suggeriamo due ristoranti nella bassa Valsesia, capaci di offrire piatti tradizionali con un tocco di creatività: il Ristorante Impero di Sizzano e La Torre di Romagnano Sesia. Per quanto riguarda il pernottamento, invece, consigliamo di veleggiare verso i laghi Maggiore e d’Orta, che si trovano a non più di mezz’ora di macchina da una qualsiasi delle zone citate.

 

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