Identikit del business traveller contemporaneo
Tra desideri e timori, ecco come si comporta e cosa cerca il viaggiatore d’affari in hotel

Circa 3 viaggiatori su 10 preferirebbero accumulare punti offerti dalle catene alberghiere piuttosto che ricevere garanzie circa la propria incolumità; a rivelarlo è un sondaggio recente di Carlson Wagonlit che ha interpellato 2000 viaggiatori provenienti da 17 paesi, secondo il quale tra le preferenze indicate dai business traveller, ci sarebbero anche le esperienze esclusive, meglio se proposte da hotel conosciuti di cui si è clienti abituali. Sempre in base al report, i più appassionati ai punti fedeltà sarebbero gli americani (39%), seguiti dagli europei (34%) e dai business traveller provenienti dall’Asia del Pacifico (28%). Proprio per rispondere a questo trend, negli ultimi anni diversi brand alberghieri hanno adottato forme di fidelizzazione con servizi ancora più accattivanti: oltre a sconti e convenzioni con ristoranti, locali e boutique, nel pacchetto compaiono anche experience esclusive sul territorio legate alle tradizioni del luogo che promettono una full immersion nella destinazione.
Guardando ancora i dati, stupisce un po’, forse, la scarsa attenzione riservata alla sicurezza.
Le paure più frequenti
Alla domanda qual è la preoccupazione più grande durante un viaggio di lavoro, la maggior parte degli intervistati ha risposto il furto degli oggetti personali. Interessante il dato sull’Italia: i business traveller italiani disposti a soggiornare in alberghi meno sicuri rappresentano il 29% del totale, un numero inferiore alla media europea; chi si sposta per lavoro spesso è da solo e il maggior timore è che qualche malintenzionato possa intrufolarsi in camera. Questa preoccupazione riguarda la metà del campione totale e il 59% tra i business traveller italiani; si tratta di un timore fondato, dato che anche le serrature elettroniche sono a rischio e il pericolo che qualcuno possa aprirle è concreto. Il 41% degli intervistati (33% fra gli italiani) teme che il personale dell’hotel possa dare la chiave della propria camera o trasmettere informazioni personali a un estraneo; si tratta di paure legate ai propri beni e a tutti i disagi conseguenti, dalle ripercussioni sul lavoro (in caso di trattativa o conclusione di un affare) alle sgradevoli procedure di denuncia. Altro problema: quando si soggiorna in hotel non sempre si può contare sulla fortuna di avere, come vicino di stanza, l’ospite educato e silenzioso; non a caso, complessivamente, il 40% degli intervistati (e il 32% degli italiani) dichiara di temere più di tutto di essere disturbato da altri ospiti. Restando in Italia, sempre in merito alle paure, sembrerebbe che solo il 36% dei nostri connazionali tema un attacco terroristico, percentuale che scende a 33% se si considera il campione integrale di intervistati.

Le precauzioni in hotel
Dal momento che il timore maggiore riguarda l’eventualità di un furto, non stupisce apprendere dall’inchiesta che le precauzioni più comuni adottate dai viaggiatori d’affari siano quelle volte a preservare i propri oggetti. Il 75% del campione tiene sempre la porta chiusa a chiave: quando si trova a pranzo o a cena, il 37% preferisce apporre il cartello “non disturbare” dopo essere uscito dalla propria stanza. Va detto che oggi la maggior parte delle porte delle camere d’albergo si blocca automaticamente, ma sono tuttavia disponibili altre soluzioni per assicurare livelli ulteriori di sicurezza: cunei fermaporta, chiavistelli portatili e allarmi da viaggio per porte. «Gli esperti di sicurezza», fa sapere David Falter, «consigliano generalmente di soggiornare in camere situate tra il terzo e il sesto piano, dove è più difficile che un intruso irrompa, ma dove è ancora possibile raggiungere facilmente le scale antincendio».
Su cosa puntare?
Come ha evidenziato la ricerca di Cwt, l’uomo d’affari di oggi bada di più alla convenienza che alla sicurezza. Per soddisfare le sue esigenze occorre, dunque, proporre innanzitutto un rapporto qualità/ prezzo adeguato, e servizi in grado di aumentare la customer satisfaction e indurre l’ospite a prolungare il suo soggiorno in hotel; per fare questo non basta valorizzare la struttura, occorre sfruttare anche tutto ciò che gira intorno alla location e far sentire sempre l’ospite al centro dell’attenzione. Come? Proponendogli esperienze personalizzate e arricchenti, come la visita a un museo, un concerto o un tour alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche e storico-artistiche dei dintorni. Ogni offerta va studiata su misura. Un’idea per coinvolgere ulteriormente il business traveller è quella di includere nel pacchetto proposte allettanti e convenienti anche per i familiari e gli accompagnatori, in modo da invogliare chi è abituato a viaggiare da solo a portare con sé anche i propri cari; da non dimenticare, l’empatia.
Il rapporto umano basato sulla gentilezza e sulla fiducia è il miglior biglietto da visita di un albergo e anche la migliore strategia di fidelizzazione per indurre l’ospite a prolungare il suo soggiorno in hotel e a ritornarci presto, magari, con tutta la famiglia.
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