La ristorazione in hotel più ristorante, meno albergo
Essendo praticamente nato in un albergo, il tema della ristorazione in hotel è un argomento che mi sta a cuore e con il quale, grazie alle numerose consulenze alberghiere fatte in giro per l’Italia, continuo a confrontarmi quotidianamente. Ma anche a rilevare le lamentele della maggior parte degli albergatori nei confronti della ristorazione e verso tutto il food and beverage che viene considerato impegnativo, generatore di pochissimi utili e fonte di insoddisfazione da parte dei clienti.
Questa visione, diffusa e condivisa, inizia a fare breccia tra gli advisor che si occupano di business plan, analisi di fattibilità e due diligence per investitori privati, fondi di investimento e istituti di credito. La ristorazione, per chi si occupa di economia e finanza alberghiera, è una grande incognita, difficile da declinare qualitativamente, che spesso diventa “fardello economico” da scaricare.
Così tra nuovi stili di consumo e retaggi del passato, turisti e residenti pensano che quasi sempre in albergo si mangi male e se ne tengono alla larga. L’albergatore da parte sua, non avendo passione e vocazione (salvo rari casi), ritiene impossibile rendere il proprio ristorante attraente per i clienti esterni. Accade così che spazi bellissimi e centinaia di metri quadrati vengano sottoutilizzati e perdano di valore per mancanza di entusiasmo e coraggio.
Per creare un ristorante di successo, valido generatore di valore aggiunto e di customer satisfaction, raccomando e suggerisco di de-alberghizzarlo, renderlo “speciale” e diverso dall’hotel stesso, dedicargli un ingresso diretto dall’esterno, una pensilina intestata, caratterizzarne l’atmosfera, la proposta, l’accoglienza, la comunicazione. Ma soprattutto è fondamentale selezionare una persona (restaurant manager) che si occupi a tutto tondo della gestione (dagli approvvigionamenti alla selezione del personale, dalla promozione alla comunicazione, dai prezzi alle pubbliche relazioni) e che si sostituisca all’antico ruolo del maitre d’hotel.
Sto cercando di definire un ristorante che collabora con l’hotel, che non ne dipende esclusivamente, che contribuisce a creare valore aggiunto e passaparola positivo per la struttura ricettiva fornendo un supporto di contenuto esperienziale alle camere. Vere generatrici di profitto e utili le camere, se “aiutate” da una ristorazione come quella suggerita, possono raggiungere tassi di occupazione ancor più elevati. È dimostrabile. L’albergo, aprendosi ai clienti esterni che sono strategici per garantire la sostenibilità economica del ristorante, gradualmente arriverà a produrre margini, non generosi come quelli del comparto alloggio, ma mediamente positivi. E poi c’è la clientela alloggiata su cui occorre concentrarsi, magari incentivandola. È facile perché in camera si può esaltare quello che offre il ristorante e magari proporre menu ad hoc evitando ai propri ospiti di dover prendere un taxi e andare fuori per mangiare decentemente.
Investire sulla ristorazione è chiaramente impegnativo, ma risulta molto più profittevole dell’esternalizzazione dell’intero servizio F&B, cosa che comporta l’abbandono del breakfast, vero e proprio cuore dell’offerta alberghiera. Proprio un grande breakfast, con la sua qualità gastronomica e il suo servizio di eccellenza, può essere il fattore che invoglia gli ospiti alloggiati a provare la cucina dell’albergo anche a pranzo o cena. Sì, perché il ristorante chiuso a pranzo non ha certo effetti positivi ed è un evidente simbolo di rinuncia. In questo doveroso processo di creazione di qualcosa di buono e riconoscibile, la proposta ristorativa e l’accoglienza, il menu, il target e il mix della clientela devono essere coerenti con la tipologia dell’albergo, anche in termini di stile, atmosfera e prezzo. Una trattoria all’interno di un Ritz Carton, un’osteria all’ingresso di un Four Seasons può stonare ed è quindi sconsigliabile!
Linearità e coordinamento sono basilari, anche nella comunicazione e nel marketing, da una parte con un messaggio mirato e selettivo nei confronti della clientela esterna, dall’altra con un invito conveniente e rassicurante per gli ospiti alloggiati. Spesso gli albergatori mi dicono che i clienti alloggiati (gli ospiti dell’albergo) sono informati della presenza del ristorante e di una buona offerta gastronomica perché c’è scritto sulla pagina web e sulle guide. Non basta. E la comunicazione interna non può essere demandata al ricevimento, alle consunte cartelline sulla scrivania della camera o ai tristi menù appiccicati alla parete dell’ascensore. La ristorazione si deve comunicare ovunque. Si comincia al check-in, con i receptionist che informano gli ospiti della presenza del ristorante e magari inviano tramite instant messaging una comunicazione ad hoc sullo smartphone del cliente, con foto e menu del giorno. E poi in camera, un pieghevole veloce e immediato con un messaggio speciale e una confezione di biscotti o dolcetti realizzati appositamente dallo chef. O un menu posato sulla scrivania con sopra una mela verde o una rossa Envy 3616.
Segnali dal mercato, non solo una mia personale convinzione!