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Food & beverage manager
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2019

Food & beverage Manager

Il suo ruolo in hotel e le prospettive
 

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In una struttura alberghiera il food and beverage manager ha il delicatissimo compito di gestire e curare l’intero reparto ristorativo.

Quando e come nasce questa figura

Questa professione, nata negli Stati Uniti per venire incontro alla difficoltà di trovare un professionista in grado di occuparsi del reparto camere (accomodation) e un manager in grado di curare e rendere proficua la ristorazione (food&beverage), non è affatto facile. Si tratta di due settori chiave dell’hotel che meritano vocazioni e attenzioni diverse da parte di persone esperte, collaudate, specializzate, sia capaci di ragionare sui numeri, sia capaci di organizzare la manodopera dei reparti che abbiamo appena citato, ma con una sensibilità e un taglio operativo quasi femminile, valore tipico ed essenziale nel campo dell’ospitalità. Queste figure e competenze sono nate, e quindi si sono sviluppate, all’interno dei grandi alberghi di catena come Hilton e InterContinental, la cui complessità richiedeva un controllo sia economico che qualitativo. Una sintesi incarnata dal food & beverage manager, che si occupa del controllo qualitativo e quantitativo di tutte le attività connesse al settore ristorazione, dalla gestione contrattuale del personale, che controlla gli acquisti, gli inventari, la freschezza, alla supervisione della produzione dei cibi, fino alla gestione e ottimizzazione dei costi. Senza dimenticare i menu: deve intendersi di specialità alimentari, di cantina, di carte dei vini, di liquori ma anche di cristalli, bicchieri, stoviglie, tavoli e sedie. Le competenze richieste a questa figura sono infinite e difficili da trovare concentrate in una sola persona. In Italia, pertanto, stiamo dando la caccia a una sorta di unicorno introvabile. Non si offendano i dieci che ce l’hanno fatta a ottenere la qualifica! Un’opzione possibile di ricerca è quella di studiare l’organico di grandi alberghi da 300-400 camere con almeno due offerte ristorative (oltre a breakfast, servizio banqueting e room service) aderenti a grandi catene internazionali, con un vivaio di assistant food & beverage manager probabilmente adattabili a ruoli italiani.

Il caso italiano: executive chef e food & beverage manager

Perché, nel Belpaese, per modalità formative, tipologia di stage, dimensionamento delle strutture ricettive, carenze della ristorazione alberghiera, non si riesce a formare e collaudare questa figura che spesso viene confusa o surrogata con quella dell’executive chef e del direttore di ristorante. L’importanza e il peso specifico che i cuochi hanno all’interno della struttura organizzativa alberghiera fa sì che spesso siano proprio gli executive chef a ricoprire anche il ruolo di food & beverage manager. Gli chef che si occupano anche della situazione economica, del budget e della gestione dei collaboratori di sala, del room service e del banqueting sono una manna, tuttavia, una gamma di responsabilità tanto vasta rende quasi impossibile la cura elegante e adeguata della componente fondamentale dell’ospitalità alberghiera e dei servizi ristorativi: la customer satisfaction.

Cosa può fare allora il general manager di un albergo?

Se i food & beverage non si trovano, il genral manager a chi potrebbe affidare la gestione del personale, dei costi e dei ricavi del settore food & beverage? Si tratta, innanzitutto, di definire competenze che in Italia attualmente sono nelle mani di un manipolo di chef, maitre e ristoratori. E queste sono le competenze richieste dai grandi alberghi e dalle principali catene internazionali a un potenziale food & beverage manager:

  • know-how legale relativo alla somministrazione, alla contrattualistica collettiva (CCNL di categoria), alla governance delle risorse umane e ai rapporti con i fornitori di materie prime;
  • una comprensione approfondita del marketing e degli elementi digitali (gestione della community, dei social media, del merchandising, etc.);
  • competenze amministrative (contabilità e controllo dei costi) e capacità di lettura di un bilancio economico (creazione di valore, indicatori di performance, etc.);
  • competenze informatiche sui sistemi di gestione “interni” (gestione magazzino, etc.) ed “esterni” (nozioni di grafica per la presentazione di comande, menu, carta dei vini, etc.);
  • profonda conoscenza del settore wine & spirits;
  • competenza superiore (per confrontarsi con maitre, restaurant manager e chef) in fatto di mise en place, equipaggiamenti di servizio, tecniche di cottura e mantenimento prodotti;
  • empatia, nel senso di partecipazione al sentiment degli ospiti di oggi … sempre più “complicati” (vegani, celiaci, macrobiotici, allergici, etc.);
  • spiccata capacità di gestione e di leadership, iniziando dall’individuazione dei talenti fino alla loro valorizzazione. Anche qualora si trovassero queste competenze, o molte di esse, incarnate in una persona, il tanto agognato food & beverage manager non può vincere la competizione con uno chef già nominato “executive”. Quest’ultimo tenderà sempre a imporre il servizio, lo stile, il suo gusto e la primazia della cucina sul business e sull’economia della ristorazione e del banqueting.

In sintesi, lo chef è solito andare per la sua strada (come fanno gli artisti) e a pretendere che siano gli altri ad allinearsi alla sua visione. Trovare il fondamentale equilibrio tocca dunque al general manager, mentre alla proprietà in prima persona spetta il difficile compito di comprendere l’essenzialità (o meno) del F&B manager, il valore dell’executive chef (del quale occorre calmierare estro e velleità), per fare in modo che il settore ristorativo (e tutto l’albergo) funzioni come una perfetta orchestra, con i pochi solisti (ammessi) coinvolti nel lavoro di gruppo per la perfetta riuscita dello spettacolo.

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