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Eventi Congressi l’Italia s’è desta
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2016
Eventi Congressi l’Italia s’è desta

Le previsioni di settore e le ricerche più recenti parlano non solo di una crescita del turismo molto buona nel presente, ma anche e soprattutto di interessanti prospettive per il prossimo futuro

Un piano strategico dedicato al turismo: finalmente anche le istituzioni del nostro Paese si sono accorte che per favorire la crescita di un settore industriale tanto importante come quello dell’accoglienza non basta improvvisare. Ecco quindi che la strategia pluriennale per lo sviluppo del turismo tra il 2017 e il 2023, che il Governo ha messo a punto da pochi mesi, non riguarda più solo fumosi elenchi di idee ma prevede concreti e positivi obiettivi fin dal breve e medio termine, insomma a partire già dal prossimo anno. Diverse le linee guida: iniziando dalla trasformazione dei poli attrattivi più famosi – come Venezia, Firenze e Roma – e delle “infrastrutture culturali” più importanti (musei, parchi archeologici, teatri) in “porte di accesso” per tutte le forme di turismo diverse da quello tradizionale come quello turismo sostenibile e quello che privilegia i luoghi minori (borghi, aree rurali, piccoli centri), ma non solo. Le parole d’ordine per raggiungere questo obiettivo sono integrazione, riqualificazione, valorizzazione, mentre lo strumento principe per antonomasia da utilizzare è quello della digitalizzazione, confermando e potenziando tra le altre cose il credito d’imposta (oggi al 30%) riconosciuto alle imprese turistiche che investono sull’on line. «Ribadisco quello che ha detto il ministro Franceschini», ha spiegato a tal proposito il sottosegretario al Ministero della Cultura e del Turismo Dorina Bianchi, «al momento del suo insediamento: e cioè che il nostro dicastero è il primo ministero economico italiano, perché tra indotto ed effetti positivi per il made in Italy, il turismo può essere la leva principale per la ripresa economica del Paese. Per il prossimo futuro saranno la delocalizzazione e la destagionalizzazione le sfide principali di questo importante piano strategico che abbiamo messo a punto, al quale hanno lavorato anche Regioni, operatori e rappresentanze sindacali». Ma c’è di più, per aumentare la competitività del settore e migliorare le previsioni di crescita: ha spiegato infatti a metà settembre lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi che: «nella prossima legge di stabilità troverà spazio anche un “bonus albergatori”. Insomma diremo a chi ha un albergo, forse anche un ristorante, ma vediamo le coperture, che avrà diritto ad una sorta di super sconto, chiamatelo bonus o come volete. Ovvero, a chi interviene spendendo sull’azienda noi saremo in grado di dare sconto fiscale. Oggi la competizione sul turismo è globale e noi dobbiamo avere strutture adeguate nell'accoglienza».

Secondo il Governo, il turismo può essere la leva principale per la ripresa economica del Paese: certo la competizione è globale e bisogna essere al top._1 1_2 2_3

Prospettive a lungo termine

Finalmente quindi si può parlare di un futuro del turismo che nasce con delle prospettive ma inoltre è anche interessante notare come, facendo un passo indietro, per il business travel in particolare, già in questo 2016 non ancora concluso gli indicatori sono tutti di segno positivo; a conferma del fatto che in Italia il settore degli eventi e dei congressi sta attraversando una fase di crescita. A dirlo sono i recentissimi dati dell’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi (OICE), lo studio promosso da Federcongressi&eventi e realizzato dall’Alta Scuola in Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (ASERI), la cui seconda edizione è stata presentata pochi giorni fa a Roma. «Questo osservatorio», ha spiegato il presidente di Federcongressi&eventi Mario Buscema, «ha due funzioni principali: fornire agli operatori informazioni di mercato e tendenze per il futuro sulle quali orientare le proprie strategie, e dare una dimensione al comparto per poter dialogare con le istituzioni». La buona notizia allora è che in linea generale i numeri sono perlopiù di segno positivo, merito sicuramente delle migliorate condizioni dell’economia, ma anche del lavoro degli operatori, che pur senza strategie di supporto a livello nazionale hanno saputo rimboccarsi le maniche e organizzarsi per cogliere le opportunità del mercato. Ad esempio nel 2015 si sono svolti in Italia 392mila eventi (+11,5%) che hanno registrato 26 milioni di partecipanti (+7,3%) e 35,1 milioni di presenze (+15%). La durata media è stata di 1,35 giorni (contro l’1,23 dell’anno precedente), e la dimensione media, unico indicatore in flessione, di 66 partecipanti per evento (nel 2014 erano 83). A tal proposito, ha spiegato Roberto Nelli, coordinatore della ricerca: «Come per la precedente edizione, abbiamo incluso nel computo gli eventi con almeno 10 partecipanti e una durata minima di 4 ore. Il monitoraggio è stato effettuato su 5.704 sedi di diverse tipologie, con una redemption di risposta di quasi il 10% che rappresenta in modo statisticamente significativo l’universo di riferimento, cioè il totale delle sedi per eventi presenti sul territorio italiano». Ancora più nel dettaglio si può dire che dei 392mila eventi rilevati, il 56,1% si è svolto nel Nord Italia, con un incremento del 13,7% rispetto all’anno precedente, mentre il Centro ne ha ospitati il 27,4%, con un incremento di 8,7 punti percentuale. Al Sud e alle Isole va lo share minore, il 16,5% degli eventi, con una crescita dell’8,9%. La ripartizione dei partecipanti è stata proporzionale al numero di eventi, confermando la forte disparità fra le diverse aree del paese e la predominanza del Nord nelle attività legate a congressi ed eventi. Del resto nel nord si concentra il 52,8% delle sedi per eventi italiane; il Centro ne conta il 25,9%, il Sud il 13,2% e le Isole l’8,1%.

La vittoria degli alberghi

Un altro aspetto interessante è che le rilevazioni dell’Osservatorio indicano la dimensione ancora troppo poco internazionale del mercato italiano: il 60,8% degli eventi registrati ha infatti avuto un ambito di riferimento locale, cioè con partecipanti provenienti prevalentemente dalla regione di ubicazione della sede congressuale. Il 30,1% degli eventi ha avuto una dimensione nazionale e solo il 9,1% degli eventi (e il 15,2% dei partecipanti totali) è risultato classificabile come internazionale, cioè con partecipanti provenienti in numero significativo dall’estero.

«I congressi internazionali non arrivano in modo spontaneo», ha commentato la presidentessa del Convention Bureau Italia, Carlotta Ferrari, «ma sono proprio quelli che portano il maggior numero di partecipanti, che generano la spesa più elevata e che hanno maggiore durata. Nel prossimo futuro sarà importante andare a cercarli, e per farlo è necessario strutturarsi con convention bureau territoriali, dotarsi di risorse, fare formazione specifica». Per quanto riguarda le sedi più utilizzate, a “vincere” sono gli alberghi congressuali: corrispondono al 70,9% di tutte le sedi analizzate e vi si sono svolti il 79,8% degli eventi, prevalentemente aziendali. Il fatto che abbiano registrato solo il 58,6% dei partecipanti indica che in genere ospitano eventi di piccole dimensioni. I centri congressi, che sono invece l’1,5% delle sedi analizzate, hanno ospitato il 3,2% degli eventi e il 9,6% dei partecipanti. Quella dei centri congressi è anche la tipologia di sede che ha registrato il più elevato numero medio di eventi (144), oltre la metà dei quali promossi dalle associazioni. Le sedi fieristico-congressuali sono lo 0,8% del totale e hanno ospitato lo 0,4% degli eventi, ma in virtù delle generalmente grandi dimensioni hanno avuto un alto numero medio di partecipanti per singolo evento (677), registrando quindi il 4,3% dei partecipanti totali. Le dimore storiche non alberghiere, che sono il 9,1% delle sedi censite, hanno ospitato il 3,2% degli eventi e il 3,3% dei partecipanti, mentre alle “altre sedi” (sedi istituzionali, spazi non convenzionali, arene e centri sportivi, teatri, cinema e auditori), che rappresentano il 17,7% delle sedi considerate, sono andati il 13,4% degli eventi e il 24,2% dei partecipanti.

Dal presente al futuro

«Questa fotografia del mercato è molto interessante», ha spiegato dopo una prima analisi dei dati Armando Mastrapasqua, Senior Director CWT Meetings & Events Italia, «anche perché grazie a un confronto con la prima edizione dello scorso anno possiamo leggere variazioni e trend e fare previsioni più ragionevoli per il prossimo futuro. In particolare è incoraggiante, dopo anni di contrazione, notare che gli indicatori più importanti sono in decisa crescita. Rispetto al passato inoltre, si nota con piacere anche il maggiore riconoscimento e attenzione da parte delle istituzioni verso il settore, per quanto non si siano ancora concretizzati i provvedimenti a supporto dello sviluppo del comparto che tutti auspichiamo. E ancora l’Osservatorio evidenzia la provenienza geografica dei partecipanti agli eventi, che sono per il 60,8% locali, il 30,1% nazionali e solo nel 9,1% dei casi di provenienza internazionale. Si tratta di un pesante gap rispetto ad altre realtà a noi vicine, come Austria, Francia e Germania, che sono riuscite, grazie a investimenti mirati e sforzi condivisi anche con le istituzioni, a internazionalizzare molto di più la propria industria degli eventi. Gli asset che i territori, le location, le professionalità italiane sono in grado di offrire sono invece di altissimo livello e ci consentiranno sicuramente di puntare ad accogliere un maggior numero di eventi di respiro internazionale, innanzitutto nel mercato corporate, oltre che in quello associativo. Per il futuro ci sono poi, mostrano i dati, senz’altro margini di potenziale crescita anche per le agenzie – ha concluso Mastrapasqua – che dovranno però allargare il mercato degli eventi intermediati innanzitutto investendo sulla propria struttura per offrire sempre più valore aggiunto ai clienti».

Restando quindi in termini di previsioni per il 2017, fatte sempre ovviamente tenendo ben presente i più recenti dati del presente, paiono rosee quelle sia per l’Italia che per il mondo per il biennio 2016-2017. Come emerge da “Trip”, il modello di Previsione dei flussi turistici internazionali elaborato da Ciset (Centro Internazionale Studi Economia Turistica) con l’Università Ca’Foscari: nel prossimo futuro – dice lo studio – si presume un quadro decisamente positivo per il turismo italiano, soprattutto per i flussi incoming, sostenuti dalla grande crescita del movimento extraeuropeo. E anche le prospettive in termini di spesa e fatturato confermano il trend positivo: “Trip” infatti prevede un rafforzamento del recupero già avviato nel precedente biennio con un +3,3% per il 2016, e un +3,6% nel 2017.

Tutti amano il Belpaese

Anche a livello mondiale la crescita è prevista senza sosta: se il 2015 ha registrato un +4,3% degli arrivi internazionali, corrispondente a un aumento assoluto di 50 milioni rispetto all’anno precedente, la dinamica di lungo termine 2010-2020 prevede comunque una crescita pari al +3,8% medio annuo. Altrettanto positivi sono stati i segnali di inizio 2016: le prime stime indicano infatti un +5,1% del movimento internazionale complessivo. Nel dettaglio, il Nord America sembra allinearsi al trend medio globale (+5,1%), l’Estremo Oriente cresce a +8%, mentre l’Europa si attesta intorno al +4,2%. Sulla dinamica dei paesi emergenti (+4,1%) agiscono due tendenze opposte, da un lato il recupero stimato per l’area Asia Pacifico (+8,3% a inizio 2016, contro 5,4% nel 2015), le confermate performance dell’area Caraibica (+7,2%) e il buon avvio per le destinazioni sud americane (+10,3%); dall’altro, il crollo del Medio Oriente (–10%) e l’acuirsi della crisi nel Nord Africa (-6% a inizio 2016 che si somma al –7,7% nel 2015). Per quanto riguarda in particolare ancora l’Italia lo studio prevede un rafforzamento del recupero degli arrivi già avviato nel precedente biennio soprattutto a partire dal 2017. Guardando alle diverse aree di provenienza dei flussi, si nota che gli arrivi dagli Stati Uniti rappresentano più della metà dei flussi e dovrebbero registrare un aumento del +8,4% mentre i flussi dal Giappone dovrebbero segnare quest’anno un trend positivo (+0,7%), lievemente superiore alla dinamica delle partenze. Il 2017 registrerà poi un ulteriore incremento dei flussi dai paesi extraeuropei con un tasso di crescita del +5,0%. Infine è interessante notare che secondo “Trip” le partenze internazionali dall’Italia verso i principali paesi supereranno nel biennio i 24 milioni, con tassi di incremento del +2,7% e +3% rispettivamente. Superiore alla media sarà la crescita dei flussi diretti verso l’Area Mediterranea (+2,8%) con la Francia primo mercato di destinazione per il nostro paese con oltre 8 milioni di partenze nel 2016. I paesi dell’Extra Europa saranno caratterizzati da un andamento inferiore alla media (+1,3% nel 2016, +1,8% nel 2017). Tra le mete tradizionali d’oltre oceano, gli Stati Uniti registreranno un +2% circa entrambi gli anni.

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