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Italia. Un brand che vale oro
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1912
2016

marchio” Italia vale 1.521 miliardi di dollari

Il Bel Paese resta nella top ten mondiale degli stati migliori, ma non basta: per il futuro bisogna imparare e crescere ancora, sfruttando le infinite risorse turistiche che possediamo

Italia un brand che vale oro_1 Italia, un brand che vale oro_2 Italia un brand che vale oro_3

Reduce da due anni, e in particolare da due estati, roventi, ma in senso positivo, per quanto riguarda la crescita delle presenze turistiche un po’ in tutte le sue destinazioni – sia business che leisure, sia di mare che di città, sia d’arte che di benessere – l’Italia sta sempre di più fortificando il proprio valore come brand sul mercato turistico globale. Lo suggerisce anche la società di ricerca e consulenza internazionale Brand Finance che nel suo report annuale intitolato proprio “Nation Brands” spiega che il “marchio” Italia vale oggi 1.521 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto allo scorso anno, e soprattutto racconta che esso si mantiene saldamente al 9° posto nella classifica dei 100 brand-paese a maggiore valore economico, incrementando anche il proprio attributo di forza sul mercato. In particolare, però, spiega la ricerca, quando si parla di brand-paese, forza e valore economico ne sono due indicatori distinti: la forza è misurata su indicatori quali gli investimenti internazionali, l’export, il turismo, le professionalità, la governance politica e di mercato; mentre il valore economico mette insieme forza e prodotto interno lordo (attuale e futuro) ed è quindi un indicatore legato anche alle dimensioni del Paese cui si riferisce. Quanto più elevati sono entrambi, spiegano gli esperti di Brand Finance, tanto maggiore ne è l’impatto positivo sul paese che li detiene in termini di reputazione generale, investimenti esteri, domanda internazionale per i propri prodotti, competitività sui mercati e prosperità complessiva. «Oggi nel nuovo mondo del turismo globale che si sta formando, un aspetto indispensabile è quello di riuscire a creare un brand con una componente qualitativa riconosciuta dal mercato, un prodotto in grado di attrarre anche la clientela estera», ha spiegato lo scorso ottobre durante la fiera TTG Incontri di Rimini il consigliere delegato di Enit, Fabio Lazzerini. «Dobbiamo a questo punto cercare anche noi di essere un attore di peso sull’Italia, che sappia rapportarsi anche con i player esteri che già amano il brand Italia. Fino ad oggi probabilmente la frammentazione del settore turistico è stata un valore aggiunto per lo sviluppo maggiore del nostro turismo, ma sono convinto che ci voglia comunque “un soggetto forte” e nazionale che tracci una rotta comune».
Non c’è dubbio che per lo sviluppo e la promozione del brand Italia occorra più collaborazione tra pubblico e privato e tra Stato e Regioni, collaborazione che è forse anche già iniziata, ad esempio, sui canali di promozione digitale, dove è avvenuto un lavoro comune di integrazione delle politiche promozionali fra Enit e singoli territori. Questione prioritaria, che necessita dell’intervento politico, resta poi quella dei trasporti, ovvero il problema delle infrastrutture strategiche, delle grandi reti di trasporto e navigazione, dei porti e degli aeroporti di interesse nazionale e internazionale.

Stati Uniti. Il brand Paese in testa alla classifica
Dando un’occhiata più da vicino alla classifica si vede come il brand-paese a maggior valore economico sia ancora quello degli Stati Uniti, che si attesta sui 20.574 miliardi di dollari con una crescita del 4%. Un’incognita però pesa sul futuro degli Usa: secondo gli esperti di Brand Finance, infatti, l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump potrebbe trasformare la curva ascendente della reputation americana in discendente in breve tempo. Comunque oggi gli Stati Uniti sono ancora inseguiti al secondo posto del brand Cina, che però ha incrementato rispetto all’anno scorso il proprio valore del 12% arrivando a 7.087 miliardi di dollari, pari a un terzo di quello americano. Una distanza ancora importante. Medaglia di bronzo virtuale per la Germania, il cui brand perde il 7% e viene ora valutato 3.882 miliardi. Giù dal podio troviamo poi un Giappone in grande crescita (+18%) e quindi un Regno Unito, che perde il 2% e vale 2.942 miliardi. Anche in questo caso, secondo Brand Finance, c’è un’incognita: si tratta dell’avvio del negoziato per l’uscita del Paese dall’Unione Europea, evento che anche in questo caso si prevede potrebbe avere un impatto ulteriormente negativo. Chiudono la top ten, insieme all’Italia, Francia, India, Canada e Australia, quest’ultima in calo del 7% con un valore di 1.305 miliardi.

I veri valori in campo
Analizzando ulteriormente la classifica “Nation Brands”, prima di tornare a occuparci più nel dettaglio di Italia, sono altri i dati particolari da carpire. Ad esempio interessanti sono le valutazioni di Brand Finance sui migliori e peggiori stati performer dell’anno: l’incremento di valore più elevato (+43%) è stato registrato dal Lussemburgo, che sale al 54° posto con 85 miliardi, grazie a una campagna di comunicazione nazionale che ha agito per modificarne la reputazione da “paradiso fiscale” a paese affidabile, aperto e dinamico. Secondo best performer è il Pakistan, il cui brand nazionale guadagna il 41% del valore in virtù delle estese riforme economiche intraprese, seguito dall’Ucraina, che sale del 27% più che altro per essere riuscita a mantenersi stabile nonostante la guerra con la Russia. Al contrario, per quanto riguarda i brand-paese in “retrocessione”, spicca la peggiore performance della Giordania, che perde il 35% del suo valore di brand (ora 24 miliardi) a causa della vicinanza con il conflitto siriano che ne mina la sicurezza. Segue il Brasile, al quale le recentissime Olimpiadi non hanno impedito di perdere il 30% del valore di brand a causa della recessione e dell’alto livello di corruzione. In caduta forte è poi anche il brand Turchia, che ha perso il 29% del proprio valore (arrivato ora a 474 miliardi) a causa soprattutto delle misure repressive intraprese da Erdogan all’indomani del fallito colpo di stato. Infine, ultima valutazione fatta nel report è quella legata solamente alla forza di un brand-paese, al netto della sua dimensione economica. In questo caso le valutazioni cambiano completamente e al primo posto sale Singapore, le cui piccole dimensioni (e quindi piccolo Pil) non gli consentono di competere nel campo del valore economico. Seguono Hong Kong, Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Finlandia, Olanda e Giappone, mentre l’Italia è anche quest’anno fuori dalla top ten della forza. Forse che il buon piazzamento a livello di valore sia dettato più dalle maggiori dimensioni economiche nazionali che non dalle effettive buone performance del Paese?

Un legame stretto con le città
Una risposta forse ce la può dare un’altra classifica, quella relativa non al valore del brand-paese ma alla reputazione delle città. Si tratta della graduatoria che è redatta annualmente dal Reputation Institute sulla base della percezione espressa da 22mila consumatori dei paesi del G8 e dell’analisi che l’influenza di tale percezione esercita sulla propensione delle persone a visitare le singole metropoli per turismo o per eventi, a risiedervi, lavorarvi o investirvi. In questo caso sono allora tre le città italiane che quest’anno si distinguono per reputazione internazionale ai primi posti della classifica: si parte con Roma, all’ottavo posto nel mondo, seguita da Venezia, in dodicesima posizione, e quindi da Milano, che sale fino al ventunesimo posto. Va da sé allora che come nel caso di un brand nazionale, la reputazione e l’immagine delle quali godono presso l’opinione pubblica internazionale, sono per una città un asset importantissimo che dipende da diversi fattori. In particolare, spiega Reputation Institute, questa opinione si forma nel pubblico tramite tre direttrici principali: la prima è l’esperienza diretta che le persone fanno delle città, visitandole per turismo o per lavoro; la seconda è ciò che le città comunicano di sé, direttamente o attraverso ciò che vi succede; la terza è invece legata agli stereotipi, a ciò che veicolano i media, all’opinione di terzi. Ma per quanto relativa anche a valutazioni di natura soggettiva, la reputazione delle città è solidamente ancorata a fattori concreti, che sono poi gli indicatori sulla base dei quali viene misurata: l’attrattiva oggettiva, cioè la “bellezza” intrinseca dell’ambiente urbano, la qualità della vita, l’offerta di esperienze per chi la visita, il livello di sicurezza, e poi la prosperità economica e l’efficacia dell’amministrazione che la governa. Quale può allora essere a questo punto il legame fra la reputazione delle città e quella del suo brand-paese di riferimento? Probabilmente molto più diretto di quello che si potrebbe pensare, spiegano gli esperti di Reputation Institute: come accade infatti anche alle sue città principali infatti, l’Italia è si ben posizionata in classifica, ma allo stesso modo entrambe (singole città e nazione) non raggiungono le vette di eccellenza (e di classifica) che in astratto meriterebbero.

I grandi eventi arma a doppio taglio
Come far crescere, quindi, il brand Italia, aumentando anche quello delle sue città principali? Da molti esperti viene suggerito che il valore e la reputazione di un brand-paese possono essere innalzati nel momento in cui si ospitano grandi eventi a livello globale. «Solitamente i grandi eventi di portata internazionale – suggerisce Claude Zammit Trevisan, Direttore Marketing Malta Tourism Autority Italia – possono valorizzare ampiamente l’immagine di una destinazione. Nel nostro piccolo a Malta per il 2018 abbiamo in calendario un importante evento “Valletta. Capitale europea della cultura”, sul quale abbiamo capitalizzato il più possibile a livello di immagine e non solo. Grazie anche a un progetto dall’architetto Renzo Piano, l’evento verrà utilizzato come motore per la valorizzazione del territorio. Stiamo già riscontrando un effetto molto positivo dal punto di vista culturale ed economico e speriamo lo stesso avvenga per quello turistico».
E tuttavia, sottolinea ancora il Reputation Institute, non sempre i grandi eventi sono sufficienti per migliorare le performance reputazionali delle città e del Paese. Basta prendere ad esempio il caso delle Olimpiadi: quelle del 2012 hanno avuto un impatto positivo sulla reputazione di Londra, mentre dopo i Giochi 2016 la reputazione di Rio è scesa di ben 6 punti, facendo scivolare la città al penultimo posto del ranking di quest’anno. Colpa probabilmente delle mancanze infrastrutturali e organizzative durante l’evento, ma anche della più generale crisi politica, economica e sanitaria del Brasile, che attraverso le Olimpiadi ha avuto una cassa di risonanza planetaria. «Insomma parlando di reputazione sono attrattività turistica (12%), sicurezza (11,5%) e leader rispettati (8,5%) i tre elementi più importanti», spiega Fabio Ventoruzzo, direttore di Reputation Institute in Italia, «da tenere presente. E c’è una relazione molto forte tra la reputazione di una città e quella del brand-paese di appartenenza: l’Italia con Roma, Venezia e ora anche con Milano, cresciuta tantissimo nel post-Expo, ha un patrimonio reputazionale riconosciuto sul quale costruire un “nation branding” capace non solo di attrarre turismo, ma anche investimenti; i quali a loro volta possono dare respiro al Paese anche nella classifica della forza finanziaria».

Top 20 Most Valuable Nation Brand

1 Stati Uniti
2 Cina
3 Germania
4 Giappone
5 Regno Unito
6 Francia
7 India
8 Canada
9 Italia
10 Australia

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