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2020

Webinar? Anche no

In attesa che gli eventi live riprendano, ci dobbiamo accontentare della loro versione digitale: il webinar, un “ripiego” che raramente soddisfa le aspettative. Il perché? Forse è nel suo dna…

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Skype, WhatsApp,Vimeo, Zoom. Il lockdown ce lo ricorderemo anche per il boom delle app dedicate agli incontri virtuali che hanno convertito al digitale nuovi adepti, coinvolgendoli in @pertivi, videochat e webinar (questi ultimi perlopiù amatoriali), e riuscendo persino ad attirare, seppur per brevi attimi (la noia è prevalsa quasi subito) l’attenzione di qualche irriducibile nostalgico dell’analogico, forse incuriosito di capire meglio che cosa mai possa“realmente” offrire un’esperienza del genere.

La tecnologia tra reale e virtuale

Certo la pandemia ha dato una bella accelerata all’inevitabile (almeno per certe attività) trasloco dal reale al virtuale, rendendolo necessario per farci sentire più vicini, permetterci di continuare a lavorare e comunicare. Insomma il Coronavirus ha portato anche i “non nativi digitali per scelta” a fare di necessità virtù. Premesso che per molti aspetti la tecnologia ci ha semplificato parecchio la vita, aprendoci a possibilità impensate, e premesso che l’innovazione frutto dell’ingegno è la spinta evoluzionistica dalla quale l’umanità non potrà mai prescindere, un dubbio in questi giorni è venuto a molti: siamo certi che aver trasferito il mondo di fuori on line sia stata una buona idea? E se un domani diventasse un nuovo modo di vivere la normalità, siamo sicuri che ci piacerebbe?

Senza scomodare i profeti dark del cyberpunk e della fantascienza politica onirica distopica come Ballard, Dick e Gibson, o, al noi più prossimo, Charlie Brooker, il geniale autore di Black Mirror - che,con lucido e feroce acume, hanno immaginato e indagato a profusione tutte le possibili derive nichiliste e dittatoriali dell’uso ossessivo e nocivo della tecnologia e del suo rapporto con un’umanità sempre più assoggettata - ci verrebbe da rispondere di no.

Comunicazione tecnologica versus comunicazione fisica

La prova è che, terminato il lockdown, ma non ancora tolti i divieti agli assembramenti, tante persone hanno corso il rischio e si sono date appuntamento per incontrarsi vis à vis, seppure a distanza di sicurezza e con la mascherina. Perché, per quanto ne dicano le campagne social sul fatto che le emozioni uniscono le persone al di là della fisicità, sappiamo tutti molto bene che, contrapposta alla comunicazione tecnologica, c’è una comunicazione che vive di fisicità, di compresenza, di partecipazione attiva con tutti i sensi e che risulta particolarmente utile nel caso di un meeting in quanto, in virtù proprio dell’interazione extraverbale, consente uno screening e una comprensione più profonda e dettagliata di ciò che viene detto e di chi lo dice, oltre a stimolare risposte più rapide ed efficaci.

Inoltre, rispetto al face to face virtuale - che, per quanto evoluto possa essere, conserva sempre in un certo grado la qualità di anonimato che gli è propria– il vis à vis incoraggia una maggior autenticità, favorisce la fiducia reciproca, nonché la condivisione di valori e di esperienze. E c’è anche un altro aspetto non trascurabile, che riguarda l’attenzione, messa a dura prova, in questi tempi, dalla miriade di webinar – noi abbiamo seguito soprattutto quelli sul turismo - che hanno invaso il web, invitandoci a seguire tavole rotonde virtuali, con esperti del settore che, nonostante in alcuni casi avessero anche cose interessanti da dire, finivano dopo un po’ per annoiare e far sembrare il tempo interminabile.

Il ritmo è tutto

Intendiamoci, il webinar rimane uno strumento eccellente in ambito didattico, ma quando si tratta di replicare virtualmente e, ahimè spesso in modo artigianale, un meeting o una tavola rotonda in cui è prevista anche la partecipazione/incursione del popolo della rete, può diventare un vero e proprio boomerang. E questo perché i relatori spesso poco o nulla sanno di come si modera e contemporaneamente si intrattiene un pubblico. Conoscono sì il mezzo tecnologico, ma quasi mai ne conoscono il linguaggio e la giusta gestione dei tempi, in una parola il ritmo. E il ritmo, si sa, è tutto: in ciò che si vive, in ciò che si legge, in ciò che si guarda su uno schermo, che sia della tv o del cinema,o come nel caso del webinar, in ciò che si videopartecipa sul web. E se ,in un meeting dal vivo, certe umane défaillance, come un’esitazione, uno sbadiglio o una pausa alla Celentano possono essere tollerate e persino integrate simpaticamente nella comunicazione, on line risultano senza dubbio insopportabili.

Insomma, il webinar per concorrere, a messo che sia possibile – con un evento live, dovrebbe quantomeno ripensarsi e diventare molto più di una piattaforma tecnologica. Dovrebbe diventare un nuovo format di intrattenimento con un linguaggio proprio e professionalità specifiche, e, francamente, quello che sta passando di questi tempi sul web è ben lungi da questo. Tant’ è che,all’ennesimo invito a seguire il webinar di turno,verrebbe da esclamare, in omaggio alla coppia televisiva Vianello e Mondaini che di comunicazione e di intrattenimento di certo si intendeva,un simpatico ed eloquente “che barba che noia, che noia che barba”! 

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